Non può essere cercata, nè voluta, essa sorge solo quando la caotica attività della mente personale si “spegne”.
Lo spegnersi di questa attività avviene nell’essere sempre più presenti e onesti di fronte alle distorsioni della struttura egoica.
Senza rifiutare nulla e senza subire nulla cresce una sensibilità, nella quale i materiali residui e non funzionali si ritirano e si dissolvono, fino a lasciare libera la “visione”, nella quale il testimone non è più coinvolto in ciò che guarda; questa completezza di ascolto è la fine del condizionamento.
La presenza si fa intensa, senza che nessuno sia presente; questo silenzio dentro l’uomo è chiamato meditazione.
Meditare non è un’attività, una scelta o una volontà che si applica al proprio vissuto per migliorare, essere felici o cercare vie esoteriche. La meditazione inizia là dove ogni desiderio di cambiare finisce, dove ogni aspetto intellettivo si arrende, non c’è modo di arrivare a quel silenzio attraverso i propri sforzi.
Abbiamo visto che i limiti e le devianze del nostro modo di pensare ci rendono la vita difficile, spesso inadeguata, e anche quando usiamo l’ intelletto negli ambiti che gli sono propri, l’uso che ne facciamo lo rende comunque distorto se non pericoloso.
Questo non vuole essere un saluto alla memoria di uomini che hanno vissuto nella completezza la loro dimensione umana, bensì un omaggio alla qualità di una presenza che vive e opera costantemente ovunque.