Domanda: La verità ha molte vie. Tante quanti siamo noi…
Bruno: Ma le vie nascono laddove l’uomo presenta la propria disponibilità: se c’è serietà e interesse a stare con se stessi, allora lì nasce una via. Ma se non c’è questa intensità, questa serietà, quest’interesse a stare con se stessi, non nasce nessuna via. C’è solo la via che ti può indicare qualcuno, come succede a scuola. Il maestro ti dice la regola e tu impari a memoria quella regola, ma appena il problema è un po’ diverso ti perdi. Stare con se stessi, nel modo appropriato, genera i suoi strumenti, poiché lo strumento è direttamente connesso, parte integrante del processo interno. Gli strumenti non nascono perché voi dite: “mi ci vorrebbe una donna, una famiglia, non lavorare più perchè il lavoro mi sfibra”. Così non nascerà mai uno strumento. Lo strumento nasce solo perché c’è dedizione. Quest’ultima apre lo spazio interno ed è questo spazio interno a dare lo strumento; con i modi e i tempi che questo stato interno reputa necessari. E’ una cosa completamente diversa da noi. Lo strumento vero non ci appartiene, è in noi, ma non è nostro. E’ uno strumento che questa coscienza, che questa natura, che questa disponibilità, producono nella maturazione del percorso. Questi sono gli strumenti veri. Altrimenti, se non c’è questa intensità, questo interesse, si useranno gli strumenti che altri ci daranno e ci porteranno là dove lo strumento ti può portare. Così si dipenderà sempre e questo sarà sicuramente più faticoso e pericoloso.
Come chi non studia è bocciato, impiegherà più anni, e la sua cultura sarà scadente, così è nel processo interno. Non preoccupatevi, se siete interessati a voi stessi, di come farlo, quanto farlo e con che tempi. Queste sono richieste o paure che non hanno senso. Occupatevi solo di mettervi là e di trovare il modo di stare con voi stessi in maniera corretta. E’ sufficiente l’onesto interesse a sedersi, ogni volta che è possibile, e di permettere a questo spazio di essere. Esso non dipende da noi o da ciò che stabiliamo o che ci dicono altri. E’ così perché è nella natura stessa di questo spazio, di questa presenza, essere così. E’ un fatto naturale, un evento naturale.
Se l’impegno è poco, se la serietà è poca si cerchi almeno di impostarsi correttamente, nel senso di guardare con quella poca onestà che c’è, con quel poco impegno che c’è, mettendosi a disposizione di un’osservazione sana, e crescerà quel che crescerà. Quindi fin dall’inizio il passo può essere fatto in maniera corretta. Anche se non si è autonomi ci si può comunque porre correttamente con un’insegnante e quella relazione di apprendimento può diventare un rapporto sano. Si matura e quindi matura un nuovo rapporto. Oppure, può maturare semplicemente l’evidenza per cui quella situazione è finita.
Le cose vanno viste pienamente e quando vedete pienamente non c’è nessuna difficoltà né a lasciare né a rimanere. Nessun problema. E' finito questo periodo, finito questo senso. Se è vero, perché c’è una maturazione interna, allora non ci sono pesi, non ci sono rimpianti, non ci sono memorie, non ci sono tensioni, non ci sono difficoltà. C’è il riconoscimento del fatto. Non c’è niente che sostituisca questo elemento che vi ha supportato: non importa. Lo star fermo là è ricomporre dentro di sé la propria energia, la propria qualità. Nel ricomporre la propria energia e la propria qualità viene fuori il nuovo.
Questo è il processo naturale di crescita umana. I veri processi sono tutti naturali. Però la natura ha milioni di modi di esprimersi. Il punto è che ci sia questa serietà. Se non ci si può dedicare, o ci si vuole dedicare solo in una certa misura, lo si faccia tranquillamente. Consapevoli di questo fatto si ha anche molta più decenza nel vivere gli elementi, le difficoltà. Dire “è vero, non posso affrontarli, non sono in grado di affrontarli, è così…” è un elemento di non aggravamento della situazione. L’altra possibilità, quando non si è pronti davanti alle cose, è quella di una spinta ulteriore verso se stessi. Deve essere evidente il fatto che non si è stati in grado di affrontare quella situazione perché non si è maturi abbastanza. E’ responsabilità propria dire: “sto qui e imparo, cerco la profondità che mi permette di affrontare questa cosa” o “mi rendo disponibile alla profondità per affrontare questa cosa”. Se non c’è benzina sufficiente bisogna che impari in qualche modo a fare il pieno. Perché per affrontare quel problema ci vuole tanta benzina. E allora si sta lì. La benzina dipende dal fatto di stare lì. Stare là è fare benzina. Quando si avrà la benzina, allora si potrà incontrare ciò che è. Ma se non hai benzina non ce la fai, fai quello che puoi. Non puoi scegliere. Ognuno ha i suoi vissuti, i vissuti sono quello che sei. Quindi star con se stessi significa stare con i propri vissuti, mano a mano che essi si presentano.
D.: Eh, questo però è difficile…
B.: Vivi la tua paura, la tua difficoltà, questo fa benzina, se è fatto in maniera corretta, fa benzina.
D.: Certo che è molto meglio fare benzina quando si è tranquilli, nel momento in cui sono in accettazione non greve, non pesante della mia vita, posso far benzina tranquillamente.
B.: Non sei tu a farla, è l’accettazione che la fa.
D.: Chiaro che più attenzione ho prestato a questa cosa più dovrei essere in grado di affrontare la paura.
B.: Più sei stato con te stesso, più hai forza per affrontare la paura. Più benzina hai, più sei in grado di affrontare l’elemento disturbante della tua vita.
D.: A me succede che questa benzina faccia apprezzare molto di più il banale quotidiano.
B.: Non esiste il banale quotidiano. Il banale quotidiano esiste perché non c’è la benzina.
D.: Il banale quotidiano giusto per capirci… Il quotidiano mio è la vita di tutti i giorni.
B.: No. E’ perché non hai benzina che lo chiami banale. Se hai benzina, non c’è nulla di banale, ma tu hai un vissuto di banalità.
D.:Sì, non c’è dubbio. Tuttora vivo la banalità.
B.: La banalità è la mancanza di benzina. Quella stessa cosa con benzina cambia senso. Può non essere importante, ma ha un gusto. Ha una sua vita, ha un suo modo di essere. Magari piccolo ma ce l’ha. Tu non dici quindi che è banale. Vedi la sua natura, che è piccola ma ti è cara.
D.: E allora cambia il gusto dell’incontro.
B.: Ma è solo con la benzina che puoi farlo. Senza benzina non puoi farlo. Non puoi dire, come si usa dire, che ti godi le piccole cose della vita. Non è così. Se non hai benzina te la godi fino a quando hai quel momento di minimo benessere, ma poi passa e tutto diventa piatto.
D.: Ti assale la noia.
B.: La noia è l’assenza di questa vitalità. E’ la vitalità che rende pieno il rapporto con le cose, allora te la godi anche con le piccole cose.
D.: Non soltanto. Ma rende un paradiso la vita che stai facendo.
B.: Ti diverti di più sicuramente, mano a mano che le cose avvengono. Un indagatore è quello che fa fronte a ciò che si presenta e mantiene pieno il serbatoio. Incontrando le cose e facendolo in maniera corretta, il livello energetico rimane sempre alto. Quindi sei sempre in grado di far fronte a tutto quello che accade e il mondo non ti lacera più, non ti indebolisce più.
D.: Carburante pulito. ….
B.: Stare là, malgrado quello che c’è, è comunque un segno di onestà, della serietà di una persona che, anche se non sa affrontare, non scappa.
D.: Non cede alla voglia di fuggire.
B.: Si. Non cede alla voglia di fuggire.
D.: Però la mia difficoltà rispetto a questa cosa è che vedo che mi metto là,ma la mente, qualsiasi impatto abbia, interviene con ansia, commentando “no dovevo fare così, sbaglio a pensare in questo modo, sono stata sciocca…”
B.: Se non hai benzina, le cose osservate ti risucchiano. Se tutti questi pensieri nascono, ti portano, ti trascinano, allora vuol dire che hai poca benzina. Non puoi farci niente. Sarai trascinata. A un certo punto qualcosa ti riporta a te stessa, stai là, per quello che ti è possibile. Verrai di nuovo trascinata. Non puoi farci nulla. Appena esci ancora, stai là. Ogni volta che ritorni in te stai là senza brontolare: “adesso mi sono fatta fregare, guarda che pensieri che ho, non ce la faccio… “ Nessun commento. Stai là. Devi imparare a stare là ogni volta che puoi ma, se sei trascinata, non puoi evitarlo. Questo stare con se stessi permette quel richiamo attraverso il quale si è riportati continuamente fuori da quel meccanismo che ci coinvolge. Nel meccanismo ci ricadrai fino a quando non avrai raggiunto quel quid, quel tot di benzina, che non ti riporterà più dentro. E allora non è che non ci saranno più pensieri, ma non sarai più trascinato.
D.: E’ una questione di pazienza.
B.: Sì. E’ importante capirlo perché altrimenti c’è la disperazione e si dice: “ma guarda cosa succede, sono preso, i meccanismi mi fregano, non maturo, non cambio…” Tutti questi sono pensieri inevitabili in una situazione in cui domina la parte oggettiva, la parte osservata. E’ questo continuo essere richiamato che aumenta l’intensità. L'aumento d’intensità è quello che porta fuori. Non c’è nient’altro che porta fuori. La cosa cessa di essere condizionante quando il richiamo diventa così consistente da prevalere sul circuito dei pensieri. E allora c’è la capacità di stare di fronte ai pensieri senza farsi coinvolgere. E’ la legge interna a questa conoscenza, a questa coscienza, a questo senso di stare con se stessi. E’ lo stare con se stessi che fa le cose.
D.: Questo mi dà molta fiducia, però c’è una predisposizione naturale a questa cosa?
B.: Si e no. Chi è che procede in quest’ambito? Coloro che si permettono di farlo. Ma finché c’è troppo materiale che lo impedisce, allora la naturalezza è impedita.
D.: Ci sono anche delle situazioni pratiche che delle volte inibiscono. Cioè se la vita è troppo concitata per tutta una serie di questioni, a prescindere dalle tue attenzioni.
B.: Ma non è la vita, sei tu che non hai benzina. Se tu hai poca benzina, allora c’è vita concitata.
D.: Sto dicendo che purtroppo si vive anche di praticità.
B.: Ma quello che ti sto dicendo è pratico.
D.: Aspetta un attimo. Si vive anche di praticità. Una volta risolte le cose essenziali della vita…
B.: Non le risolverai mai così. Non puoi. Tu parti dall’esterno. E’ la benzina interna che determina il mondo. Non è il mondo che determina te. Se non hai benzina, il mondo è forte. Se sei forte, il mondo è debole. Debole nel senso che non ha potere su di te. Se tu sei debole il mondo ha potere su di te. Non dipende dal mondo. Dipende da te. Se dipendesse dal mondo, che tu fossi forte o debole lui dominerebbe. Invece no. Se tu sei forte il mondo non ha potere su di te. Lo chiamiamo potere nel senso di presa, capacità di coinvolgimento … Il mondo non viene più da te. Se tu sei forte il mondo da te non viene più. Non può più venire.
D.: Guarda che hai fatto un’affermazione: se tu sei più forte del mondo…
B.: No. Se tu sei forte, non più forte.
D.: Se tu sei forte il mondo non è più forte di te.
B.: Non ha più potere su di te. Se tu sei debole, il mondo ti comanda. Questo è pratico, concreto. Per questa ragione ho fatto l’esempio di prima. Se mi succede qualcosa e non so affrontarla, non dico che la storia è forte. Dico che non ho la benzina sufficiente per affrontarla quindi devo andare in cerca di questa benzina, non cerco di modificare il fatto. Non dico mai che quella cosa lì è forte. Può anche essere forte, ma non ha importanza. Il problema è mio, se trovo la benzina quello non potrà condizionarmi.
D.: Non esiste un mondo che possa mai vincere in una situazione di questo tipo.
B.: No. Non esiste.
D.: Sono ancora appiattito verso il muro dallo spostamento d’aria di quest’affermazione.
B.: E’ inutile porre questioni su come fare, che tempi, che modi, che strumenti. Finitela qui. Non ponetevi questo problema. Ponetevi il problema se avete voglia e se siete onesti nel fare quello che dovete. Questo è l’unico punto vero da porvi. Da questo, all’interno di questo, possono nascere domande, necessità, bisogni: li affronterete. Ma se avete questo a cuore, il resto si fa da solo. Non crediate di rispondere al mondo, alle sue storie, ai suoi casini, alla sua brutalità ragionando. Rinunciate. Potrete alleviare la situazione ma non potrete mai essere all’altezza. Il mondo vi schiaccerà sempre. Tutto preme contro il singolo. Il singolo non può reggere una pressione del genere se non ha una forza sua propria. Però è possibile avere questa forza interna e allora del mondo non v’importa più. E’ come se cambiaste il livello di vissuto, per cui il mondo non arriva a toccarvi. Non ha la forza per toccarvi così come non avete la forza per toccarlo quando il mondo vi schiaccia.
Non c’è diversità. E allora vedrete che morire, ammalarsi, vivere, che le cose vadano male o bene, non ha importanza. Si vive, si muore, ci si sposa, ci si separa, non importa. Perché prevale sempre questo senso di qualità interna. Non solo: dentro questo senso interno qualsiasi cosa voi sappiate, qualsiasi cosa voi conosciate, qualsiasi cosa avete, che sia giusta o sbagliata non ha molto interesse. Perché ciò che sta in questa presenza, in questo richiamo, non ha assolutamente bisogno di questa conoscenza. Non gliene importa niente. Quindi chi lo sa che cosa avverrà se la conoscenza o l’ignoranza non sono più fondamentali?
D.: Cioè tu dici che per esempio un’azione del pensiero può sempre esserci però questa qualità non è toccata dal pensiero?
B.: Non è toccata. Anche se succede un disastro. Questa cosa non viene toccata. Una parte di te, una parte organica, una parte mentale può anche avere i suoi dispiaceri ma questa parte rimane intoccata. Quindi c’è sempre una zona in cui nulla vibra. Puoi vedere che vibrano alcune parti di te. Va bene. Le lasci vibrare tranquillamente. Lasci che la carne percorra la sua strada.
D.: Però non capisco la differenza tra questo stato e l’indifferenza.
B.: Non c’è nessuna indifferenza. Vivi tutto senza farti condizionare.
D.: Tu dici che, indifferentemente, se qualcosa va bene o va male… allora mi sento di dover essere indifferente di fronte alla vita?
B.: No. No. Nessuno ha detto di essere indifferente. Tu affronti quello che va bene o va male con la stessa forza e con la stessa intensità.
D.: Certo. Quello va bene. Con la stessa qualità interiore.
B.: Ma non è importante che vada bene o male. E’ bello vivere senza farsi condizionare. E’ questa la differenza. Non è indifferente la vita. E’ indifferente che vada bene o male. Non che hai indifferenza. Non fa differenza. In qualunque modo siala cosa, ho la forza di affrontarla e non ne sono condizionato. E quindi che venga quello che viene, non c’è problema. Che venga qualsiasi cosa. Vivrò quello che verrà. Vivo quello che accade. Non è indifferenza.
D.: E’ come dire impermeabile?
B.: Intoccato e disponibile. E’ come se un bambino venisse da te e ti dicesse ti bastono. Lo lasci dire. Nel senso che lo sai gestire, che venga lì sorridente o che venga lì arrabbiato tu sai che comunque lo sai incontrare.
D.: Meglio prenderlo con il sorriso sulle labbra.
B.: E’ quello che è. Lo incontri, ti diverti quando è allegro e quando è sciocco ti diverti ugualmente.
D.: Va bene. Anche affrontare la vita può non spaventare. Nel senso che dici:“mi rimbocco le maniche, anzi da questa cosa ne trarrò sicuramente un beneficio…”
B.: No. Non sai niente. La affronti e basta. Quello che succede, succede. Non è vero che tutto è lì per insegnare a te. Sei tu che devi imparare. E’diverso. Noi pensiamo che tutto accada per insegnarci qualcosa, invece no.
D.: Vengono a decadere anche i concetti di bene e male.
B.: Esiste solo la capacità di affrontare, di avere o non avere benzina. Se non hai benzina vedi le cose sbagliate come giuste, vedi come belle le cose brutte. E’ il fatto che tu non abbia benzina che determina tutti questi valori. Ma, se tu hai benzina, quello che viene avanti, viene avanti e lo vivi.