Domanda: La meditazione non è chiudersi in una stanza ma è vivere le situazioni. Questa è una cosa assolutamente e grandemente pratica. E’ una condizione di vita, è uno stile di vita.
Bruno: E’ vivere. Non è neanche un modo di vivere, è proprio vivere, il vivere è per natura meditativo. Anche dire che è un modo di vivere è riduttivo. Noi pensiamo che ci siano tanti modi di vivere. La meditazione è vivere. Tu vivi quando sei in una situazione meditativa.
D.: . Sì, però nella nostra situazione contaminata il nostro vivere è fortemente contaminato.
B.: Nella situazione contaminata non c’è il vivere, c’è l’esistere. Dovete fare differenza tra esistenza e vita. Non sono due parole diverse, sono proprio due cose completamente diverse. Un momento di profondità cambia gli equilibri interni. Di fatto vi trovate a vivere le cose in modo diverso da come le avevate vissute. Quindi non è che dovete continuamente pensare o inventare dei modi, delle situazioni diverse da portare avanti. Lo stato interno matura, anche se matura in misura leggera, modifica l’approccio alle cose, agli uomini, alle relazioni, ai rapporti. Li cambia. Quanto più profondo è, quanto più frequente è, tanto più la modifica è forte. Per dirlo in termini molto semplici, nel momento in cui siete allineati tutto è allineato. Se tutto è allineato ogni cosa si compie. E’ che voi non pensate che questo sia possibile. Lo stato meditativo è nel terreno dell’impossibile, non è nel terreno del possibile. Da un punto di vista intellettuale l’aspetto meditativo è nel terreno dell’impossibile. Non che questo dia una valutazione di chissà quale potere o di chissà quali prerogative, ma è semplicemente il fatto che l’aspetto meditativo ti porta oltre l’aspetto conosciuto della tua esistenza, arriva a quei terreni che usualmente non sono vissuti. In questo senso è l’ambito dell’impossibile ma, se lo guardi in modo equo e tranquillo, è il vivere.
D.: Ecco è una cosa che mi sembra di aver percepito. Cioè l’ambito in cui questa cosa agiva era un ambito che io non conoscevo e non sapevo che potesse avere una ricaduta.
B.: La vita è così. Tutta la vita è così. E’ continuamente e inspiegabilmente aperta. E’ continuamente misteriosa e continuamente chiara e quindi, dentro il movimento di questi due flussi, si esprime, parla, opera. Non solo, ti riallinea e soprattutto riallinea la vita su canoni completamente diversi, inusuali. Il mondo che usualmente noi conosciamo, se riusciamo ad avere questo senso di profondità, salta. Quel mondo vale solo in situazioni di superficialità. Si muove, agisce ed ha potere solo in situazioni di superficialità. In ambiti di profondità il mondo che noi conosciamo non ha più sostanza. Cambia radicalmente e ritrovate situazioni pratiche e di vissuto completamente diverse. Nel mondo dovete cambiare lavoro, dovete scegliere un uomo o una donna, dovete separarvi, dovete patire. Nel mondo in cui le cose sono impossibili ma normali da un punto di vista meditativo, sei nel posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta, e vai con lui, non vivi modificato, lacerato. E questo può implicare una montagna di cose perché, essendo il mondo del non ipotizzabile, ha infinite possibilità. Nel nostro mondo non ci sono infinite possibilità. Se tu hai la terza media hai poche possibilità, le cose che puoi fare sono due o tre. Cambia la dimensione del vissuto. O, se volete, la dimensione della meditazione entra in quello che voi chiamate quotidiano e lo ribalta, lo pone sul suo piano. Lo rende aderente alla sua possibilità, consono alla sua profondità e quindi alimenta la sua sostanza. Non solo la forma ma anche la sostanza. Lasciate a questa profondità che viva e che vi porti dove deve portarvi. E anche se sbagliate, qual è il problema? Nessun problema. Questa stessa profondità vi risistema di nuovo.
D.: A me dava anche la sensazione, Bruno, che ci fosse una grande gioia e che prevalesse il cuore, proprio il cuore.
B.: Certo.
D2.: Non è una cosa consolidata la mia.
B.: Tutte le aperture portano con sé gioia. Tutte. Ogni volta che qualcosa si apre dentro di noi, la prima cosa che senti è questa pace e questa gioia, quella è la continuità. La pace e la gioia sono sempre lì. Noi, non vivendo maniera corretta, la perdiamo e pensiamo che la continuità sia questa perdita. Di tanto in tanto la viviamo e pensiamo che sia una cosa rara. Invece è tutto il contrario. La dimensione è quella, naturale, vera e sana e la discontinuità è questa, gli elementi di vissuto comune sono l’aspetto discontinuo. La vita allineata è continuità di bellezza, di pace e di equilibrio nelle cose, la discontinuità sono le cose tecniche e pratiche. Se le cose sono così dove finisce il mondo che conosciamo? Lavoro, problemi, paure, debiti, soldi, figli, mariti, mogli, dove finiscono? Dove vanno?
Se resistono ad un impatto del profondo, se continuano a stare in questo impatto del profondo, s’inseriscono in un contesto che è completamente diverso. Se fanno parte di quell’impatto vengono su bene, se non ne fanno parte, amen. Non è cinismo. Il profondo ha la priorità su tutto. Quello che è vero, si attua immanentemente, sempre, e se c’è un momento di verità non può non manifestarsi. A differenza invece di quello che è ragionato, pensato, cercato, elaborato e fatto per tentativi. I tentativi e i ragionamenti possono fallire o riuscire in parte, quello che è vero si attua nel momento stesso, si forma nel momento stesso e spazza via tutto ciò che vero non è.
Quindi perché preoccuparvi di che strada fare, di che vita scegliere, di che momento maturare, occupatevi solo di vivere intensamente quello che siete. Se si è veri all’interno di quel momento di intensità, l’intensità ti porta là dove si trova la verità, e non è possibile che si possa rimpiangere la verità. Un momento di verità non porta mai rimpianto. Un momento di ragionamento porta rimpianto, un tentativo, anche bello, porta rimpianto, ma un momento di verità mai. Quindi c’è solo quella possibilità, solo la profondità muta l’esistenza. La profondità fa sì che l’esistenza diventi vita. E la vita non ha mai situazioni stupide, conflittuali, contrastanti e irrisolvibili. Il punto vero è andare in quella profondità in cui le cose sono vissute in maniera piena. Questo fa’ la differenza e forma una nuova qualità della vita.
D.: Se proprio un desiderio dovesse esserci dovrebbe essere questo.
B.: Sì. Che la pienezza sia nel vostro vivere e che questa pienezza, faccia quello che deve fare. La pienezza non può non essere adeguata.
D.: Noi ci disperdiamo nelle idee che tu ci dici che sono, appunto, fittizie.
B.: Qualsiasi cosa ci sia nella vostra vita, qualsiasi fatto accada, qualsiasi necessità ci sia, se potete, non passate sempre per il ragionamento, passate per questa profondità. In questa profondità, abbiate fiducia, le cose vanno per il verso giusto. E allora quando c’è questo sentimento le cose non sono più il vostro valore. I fatti, gli accadimenti, le resistenze non sono più il vostro parametro.
D.: . Comunque queste cose ti fanno in ogni caso essere anche una persona migliore.
B.: Certo.
D2.: Scusami, non volevo essere banale, cioè anche dal punto di vista delle relazioni ti rende una persona a posto.
B.: Si. Senza la necessità di un codice morale.
D.: Ecco. Saltando quella questione etica che invece è spesso una cosa appresa, nella quale noi rispettiamo dei codicilli di convenzioni per quieto vivere. Anche per uso comune. E’ utilititaristica, la questione. Gli stilemi comportamentali sono “io ti do questo, tu mi da quello, stiamo buoni perché arriviamo a questo vicendevolmente”. E invece questo è un salto notevole. Io ho anche avuto la sensazione, però potrebbe anche essere un errore, di aver trovato anche delle risposte pratiche. Non so se sia stato un caso.
B.: No, non è stato un caso. La pienezza è tale perche risponde a tutto quello che c’è. Quindi è compreso anche l’aspetto pratico.
D.: Dico questioni di praticità molto terra a terra che però mi davano un po’ fastidio.
B.: Se voi avete un momento di profondità e di pienezza, questa pienezza, risponde a tutti i livelli. Non risolve solo un piano, risolve in maniera adeguata e consona tutti i piani. Altrimenti non sarebbe pienezza, sarebbe parzialità. E’ per sua natura che la pienezza compie questo, e benché l’aspetto pratico non sia la sua mira, è inevitabile che coinvolga anche il mondo pratico. In questa intimità, che è la pienezza, le cose si risolvono nella loro totalità e tutto si allinea attorno a questa pienezza. Non c’è conflitto, non può esserci conflitto. Hai capito stella? La preghiera è solo per te, perché Dio dovrebbe ascoltare la tua richiesta o quella degli altri?
D.:
Ma non è chiedere a Dio la mia parte! Detta così è tremenda!
B.: Di fondo fai questo. Perché preghi? Perché hai bisogno e vuoi qualcosa. Che tu voglia o no fai questo, e lo fai in maniera sofisticata?
D2.: No, no, no…
B.: Sì, sì,sì, e che cos’è la tua preghiera? Non è una tua richiesta?
D2.: E’ quasi un affidarsi. Secondo me anche quando fai meditazione è così, no?
B.: Ma cosa affidi?
D2.: Adesso mi viene da ridere ma non c’è niente da ridere.
B.: C’è qualcosa in sospeso, non sai come risolverlo, e allora dici “fai tu per piacere!”. Ma questo non è affidarsi. Questa è una delega, perché non hai voglia di fare un tubo. Perché hai fatto malanni e vuoi che te li sistemi lui. Se tu ti affidi vuol dire che hai un sospeso, da qualche parte. E’ una richiesta che fai.
D2.: Anche nella meditazione c’è una richiesta. Se noi siamo qui, voglio dire, io ricordo perché sono arrivata qui. Non mi piaceva come vivevo, come stavo, com’ero ed ho cercato in altre forme e penso di aver trovato la strada giusta insomma. Comunque, nel mentre di questa situazione, magari una richiesta non c’è, non so se si possa chiamare una speranza, però c’è una via, un percorso e quindi cerchi di farlo.
B.: Allora, non ci capiamo. Chiamiamo percorso il ripulire i condizionamenti, la propria struttura, la struttura di un corpo e di una mente. Questo si chiama via o percorso. Esiste un percorso solo da cancellare. Non è mai propositiva la via. La via e il percorso ci sono solo in negativo, per finire gli elementi che disturbano. Se no non ci sono vie, c’è solo il momento, la pienezza di quel momento o la non pienezza di quel momento. Quindi la via e il percorso possiamo usarle come termini solo nell’accezione negativa, cioè imparare a riconoscere i nostri limiti, i nostri errori e non farli più. Questi sono la via e il percorso di cui possiamo dire.
D.: Però avevi parlato dell’incontro con l’ignoto, che crea una certa qualità.
B.: L’intimità con se stesso è l’ignoto.
D.: Che ha una certa profondità?
B.: Certo.
D.: E questo è possibile…
B.: Questo è possibile se i tuoi materiali non sono troppo densi, o è possibile se i tuoi materiali restano inattivi, restano tranquilli. Quando i tuoi materiali non sono troppo densi questi momenti di profondità avvengono con una certa frequenza, quindi il senso interno è spostato in questa profondità in cui le cose si formano immanentemente. Se, invece, i materiali sono tanti, solo saltuariamente c’è questa apertura. L’apertura risponde sul momento alla tua situazione e poi tutto ritorna nel suo alveo. C’è una piccola cosa che si sposta, però sostanzialmente resti all’interno di un tracciato che ha tutte le storie già definite.
D.: E infatti la paura è proprio questa, che sia stata uno sporadico raggio di sole.
B.: La via meditativa è fatta di due parti. La parte che ripulisce i materiali (indagine) e la parte in cui si vive l’intensità di quella pulizia. Solo che la prima parte, quella dei materiali, a un certo punto muore e tutto si traduce in questa essenza, in questa capacità di essere ciò che si è. L’aspetto conoscitivo nella sua prima parte alleggerisce i carichi e quindi apre le possibilità alle circostanze perché il tocco con il divino sia possibile. Si formano gli spazi dentro ai quali questa luce può operare, il tuo vivere può essere.
D.: E allora diventa vita.
B.: Si. La vita c’è quando il tocco di questa luce è presente.
D.: Io vedo che tutto ciò deve passare attraverso un alleggerimento, appunto, del materiale.
B.: E’ chiaro.
D.: Ciò implica inevitabilmente una ricaduta nel tuo fare quotidiano. Cioè cercare di non crearti per lo meno altri casini. I casini tuoi cerca di metabolizzarli ma intanto non crearne altri.
B.: E quando ti siedi giù, stare tranquillo e alleggerire i carichi interni. Permettere che i carichi interni siano alleggeriti e che muoiano. E’ molto semplice, c’è questo alleggerimento che va fatto e nell’alleggerimento si formano dei momenti di profondità. In quei momenti di profondità la vita comincia ad aprirsi e a toccare tutti gli ambiti del tuo vissuto.
D.: Bisogna avere la forza di mollare la presa, questo è veramente necessario. Tutti noi siamo attaccati a qualcosa in maniera stretta e vigorosa.
B.: Guarda. Questo panorama è uno spettacolo. Non puoi farlo tuo.
D2.: E’ bene che sia così.
B.: Sì. Niente ti impedisce di godertelo ma nulla può permetterti di possederlo. E’ così che funziona. Questa è l’impersonalità sotto forma di paesaggio.
D.: Vorrei tornare un attimo sul discorso della preghiera. Adesso mi è venuto in mente il film “Il grande silenzio”, e anche quei frati facevano un percorso su di sé, facevano anche meditazione, tagliavano fuori dalla loro vita moltissime cose che invece noi teniamo e che invece è materiale quasi inutile. Loro sono arrivati all’essenziale, alle cose essenziali. Il mangiare dentro la celletta, tante ore di solitudine, stare con se stessi. Quella è meditazione.
B.: Se è fatta così, sì.
D.: Ecco, nel senso di quella preghiera che è vissuta così, in quel modo di ritirarsi, di liberare l’essere, e quindi la meditazione sia del religioso, che della persona laica è una meditazione.
B.: Non esiste meditazione laica e meditazione religiosa.
D2.: Va bene, allora una meditazione unica.
B.: Esiste solo il fatto che tu riesca a fare fronte a te stesso in maniera sana. Le forme con cui questo avviene…
D.: No, perché vedo che molti religiosi prendono questa via.
B.: Ti ho detto che non c’è una forma. Se c’è una forma c’è il pericolo che quella ti porti dove vuole andare la forma. Ho dei dubbi che una forma definita possa portarti fuori dai materiali. Secondo me, sostituisce dei materiali con altri materiali. Che magari hanno un aspetto più mistico, più religioso.
D.: Forse se la raccontano.
B.: Sostanzialmente, non vengono liberati i materiali.
D.: E’ un metodo.
B.: Sì, quindi ho dei dubbi. Se loro riescono a liberarsi dai propri materiali senza sostituirli con altri allora va bene, però la meditazione non è dei cristiani, degli induisti o dei buddisti. La meditazione è semplicemente libertà dalle forme condizionate strutturali. Questo può avvenire in tutte le maniere .
D.: Sì, ho colto, ho colto, però, ritornando adesso a un flash dei visi che vedevi inquadrati nel “Il Grande Silenzio”, li vedevi seri, cupi, non dei volti che dovrebbe portare una vita alleggerita. Ma pensierosi, con delle mimiche molto caricate.
B.: Per il cristianesimo la sofferenza è un merito.
D2.: E’ il primo. E’ la prima via. Sacrificarsi.
D.: Volevo chiederti questo. Nella vita di tutti i giorni mi capita, di fare dei progetti o avere delle idee e normalmente tutte queste cose sono disattese e ne incontro altre. Allora, queste cose che si fanno sono manifestazioni dell’ignoto che non so cogliere oppure sono altre cose?
B.: Può essere questo e quello. Può essere che dei condizionamenti diversi dai tuoi si facciano avanti oppure che momenti dell’ignoto si esprimano di là da te, che tu voglia o no. Questo devi saperlo riconoscere tu.
D.: No, perché mi rendo conto che è inutile fare qualsiasi programma o qualsiasi progetto e che ci sono appunto queste cose che si presentano.
B.: Tu puoi fare i progetti, ma non devi avere attaccamenti e speranze sopra. Tu puoi, se è necessario che tu li faccia.
D.: Dopo magari succede un imprevisto. Quello è una manifestazione dell’ignoto? Anche l’imprevisto?
B.: E chi lo sa? Magari ti telefona la tua mamma e ti dice “Ah, sto poco bene!”, tu non sei capace di dirle “No, mamma, non rompere, stai solo piattolando”, quello non è ignoto, quello è condizionamento.
D.: Ecco, allora devo essere in grado di distinguere.
B.: Se subisci il ricatto della tua mamma non lo puoi chiamare ignoto, lo chiami solo condizionamento. Tuo e suo.
D.: Ci vuole una grande pulizia per distinguere questo e quello.
B.: Certo. E non bisogna avere grossi legami con le cose.
D.: Specialmente quelli affettivi, perché sono quelli che ti tirano più dentro.
B.: Anche il legame con i soldi può essere molto forte.
D2.: Però effettivamente i legami affettivi sono quelli più…
B.: Ma no. Un legame è un legame.
D.: C’è chi si fa’ condizionare più da quelli e chi da altro.
B.: L’apertura del cuore parla, un momento di chiarezza parla. La vastità di questo posto parla.
D3.: La dissolvenza.
B.: Si, il dissolversi delle cose. Il morire. L’ignoto ha un gusto dentro, di…
D4.: Di perfezione.
B.: Sì. Di limpido, di sano.
D.: Quando sei in presenza di questa spinta, quindi, stare nel profondo significa stare dentro a questa spinta, presumo. E quindi può darti la possibilità di fare questo salto.
B.: Eh sì. Il salto c’è ogni volta che stai con te.
D.: Quindi, qualunque sia la cosa non è la spinta.
B.: Il punto non è la cosa, è questo senso di stare con se stessi. Non è la cosa che vi induce a farlo, sembra ma è solo un’occasione: usate il mondo perché vi dia questi spunti, usatelo solo per questo. Altrimenti lasciatelo perdere. Il mondo dà continuamente questi spunti. “Non ho soldi, sono solo, vorrei stare bene…”. Gli spunti del mondo, i disagi che crea, sono tanti. Usatelo solo per dire “vado più in profondità là dove questi avvenimenti non mi toccano e non mi condizionano”. Usate il mondo per quello che è, una sollecitazione alla nostra superficialità, uno specchio di ciò che siamo. Capito questo, usatelo per andare in profondità. Capitelo e andatene oltre, nel mondo non ci sono sollecitazioni potenti. Sono sempre superficiali. Sempre, qualsiasi esse siano.
Però sono un modo verso il quale noi possiamo dire “io questa cosa qui non voglio che mi condizioni e vado dentro di me. Dentro di me finchè trovo quel luogo, quella situazione in cui sono libero da questa storia”. Di momento in momento, di sollecitazione in sollecitazione, si apre una profondità diversa. Il mondo viene solo per rimandarvi a voi. Una volta che ci si è sciolti, che si va in profondità, è solo un aspetto di te, un modo in cui ti poni.
D.: Per capire, lo hai detto anche ieri, l’interesse fa sì che si formi il modo.
B.: Allora, se il mondo è superficiale e lo stimolo che ti dà è superficiale, tu come ti collochi? Il vissuto che hai dove si trova? Andate dietro a questo stimolo, a questo mondo, o dite “Cosa faccio? Sto qui a rompermi le scatole continuamente su queste storie?”. Ecco, questo chiamalo interesse, chiamalo serietà, chiamalo quello che vuoi. E’ questa risposta che fa la differenza. Ma se voi pensate che quello che il mondo vi propone è la concretezza e a questa concretezza dovete fare fronte e quindi dovete sistemare la casa, preparare da mangiare, lavare i piatti, stirare, che questo è pratico, che questo è il mondo, questa è la vita, e confondete il mondo con la vita, questo è…
D5.: Un suicidio.
B.: Sì. Il mondo è il mondo, la vita è qualcosa di diverso. Il mondo è solo un’espressione della vita.
D.: E infatti tu dici sempre “fate fronte al mondo e il resto lasciatelo alla vita”.
B.: Sì, non è difficile far fronte al mondo.
D.: Sono tutti aspetti… pratici, insomma.
D.: Il pericolo è quello di incasinarsi molto. Se si sta un po’ attenti c’è la possibilità di limitare le invasioni del mondo.
B.: Il mondo è invasivo e incasinato perché è vissuto nella maniera sbagliata.
D.: Perché noi lo viviamo come fosse la nostra vita, il mondo. Non diamo spazio al resto.
D.: Noi abbiamo l’illusione che sia la cosa, l’unica cosa…
B.: Che esiste.
D.: Questa è la grande illusione degli uomini.
B.: Perché lo vivi come assoluto. Per te il mondo e la vita sono la stessa cosa e allora ti assorbe tutto. Se tu vedi che il mondo è il mondo e la vita è la vita, non ti assorbe più. Perché lui avrà il suo spazio e la vita avrà il suo. Non sono separati, il mondo fa’ parte della vita. Ma è una piccola parte, non è la vita stessa, la vita ingloba il mondo, non è il mondo che ingloba la vita. E’ la vita che dà senso al mondo.
D.: Cioè il mondo è un piccolo prodotto della vita?
B.: Certo. Il mondo ti prende perché lo guardi in maniera sbagliata e lo vivi in maniera sbagliata, non a causa sua. E’ perché tu lo leggi così. Però se tu lo guardi nel modo giusto, con la giusta prospettiva, lui non ti chiede nulla. E’ parte della vita che faccia quello che ha da fare, ma non ha verso di te un aspetto coercitivo.