Domanda: Vedo che le stesse difficoltà che ho nella meditazione le ho nella mia vita quotidiana. Non ho problemi a sedermi tutti i giorni. In questo periodo sono anche molto stanca e quindi lo faccio anche in un modo un po’ rilassante, nel senso che molte volte non riesco ad andare in profondità più di tanto. Però è una cosa che sento sempre il bisogno di fare. Per quanto riguarda l’impegno, diciamo che da questo punto di vista c’è e mi piacerebbe dedicare più tempo a questa cosa però, per tutta una serie di motivi pratici, non ne ho il modo e questo mi crea disagio. Perché vedo che, se ho dei periodi in cui riesco a dedicare più tempo alla meditazione, sono più tranquilla e vivo più serenamente. La difficoltà che ho è il meccanismo di identificazione e quindi quando sto con me stessa molte volte tendo a seguire i flussi di pensiero e non ad osservare un flusso di pensiero per quello che è. A dire “questo è un flusso di pensiero” e a distaccarmene. Anche se questa cosa devo dire che mi è sempre più chiara. Siccome sono un po’ altalenante, un po’ umorale, ho dei periodi in cui tendo ad identificarmi sempre per poi uscirne e vedere le cose con più chiarezza. Questo fa sì che poi riesca a distaccarmi gradualmente dalle cose che vedo. Nella vita quotidiana è la stessa cosa. Se riesco a essere tranquilla e a osservare le cose con distacco va tutto liscio. Altrimenti noto che scattano dei meccanismi di disagio, tenderei a chiudermi, a isolarmi.
Bruno: Se noi non riusciamo a stare con le cose, a vivere le cose, a vedere le cose per come sono, di fatto, la nostra vita ha scarso valore. La conoscenza di se è la capacità o l’apprendimento nello stare con ciò che è. Significa vivere la propria vita con una qualità o con una profondità tale da permetterti di cogliere o incontrare le cose in modo vero, autentico. Senza nessuna proiezione, senza nessuna modificazione, senza nessuna interpretazione. Quindi se continuate a separare la “meditazione” dal quotidiano, dal vissuto, vuol dire, per prima cosa, che siete identificati con alcuni aspetti di voi stessi e per seconda che non c’è abbastanza forza dentro per mantenere un continuo contatto con ciò che è. Perché il quotidiano, la vita, è il contatto con ciò che è, è vivere ciò che si presenta. Se non c’è abbastanza forza per fare questo e quindi c’è la separazione, il distacco, questo senso di differenziazione si forma continuamente.
Questo non è reale, è solo legato a queste due mancanze, a queste due situazioni che non riusciamo a risanare. Vi chiedo gentilmente, almeno a livello di conoscenza, di non dare allo stare con se stessi un valore, e al quotidiano e ai rapporti e a quello che succede un altro. Questa distinzione non fatela perché non c’è. Questa cosa non esiste, è una finzione. E qualora questo fosse il vostro vissuto, e non potete farci niente se è così, sappiate che siete in una situazione non allineata, non equilibrata. Questo vi può solo invitare ad una presenza, ad un’attenzione più pregna.
Si chiama esistere o esistenza ciò che nasce o ciò che si porta avanti illusoriamente e con questa separatezza. Vivere, invece, è l’assenza di separatezza o comunque un rapporto intenso o qualitativamente valido con tutto quello che accade. Questa è la semplice differenza negli uomini tra l’esistere e il vivere. E, tutto sommato, è la differenza fondamentale, la diversità fondamentale. Il grosso degli uomini esiste. Pochi vivono. E’ possibile rompere il meccanismo tra esistenza e vivere, e questa cosa capitela bene, semplicemente rendendosi conto dell’aspetto illusorio. Il mondo, il quotidiano con il quale noi ci confrontiamo in stato di separatezza, assume uno stato di transitorietà per questa mancanza. Finché non riusciamo a cogliere le cose per come sono, anche il mondo non riesce a ricevere la sostanza, non riesce ad essere vissuto con quella sostanza di cui è portatore. La nostra interiorità è così povera da non permetterci di incontrare il mondo nella realtà effettiva. In questo senso viviamo in un modo illusorio. Quindi anche quello che chiamiamo pratica, senso pratico, senso quotidiano, concretezza, non è reale. C’è solo quello che c’è, anche il mondo è dentro a questo.
Il mondo è illusorio quando noi manchiamo di una qualità interna. Ma non è illusorio lui, siamo noi che lo viviamo illusoriamente. Ricordatevi che quando si parla di illusorietà del mondo, di transitorietà del mondo, è soprattutto in base a questo elemento. Non abbiamo quella profondità che ci permette un contatto diretto con il mondo stesso, per cui il vissuto è un vissuto errato. Per quanto riguarda la transitorietà delle cose, vedetela come un fatto ma questo nulla toglie a un giusto rapporto, ad un giusto equilibrio che potete avere con voi stessi. I momenti che si incontrano vanno incontrati per come sono. Lì, nel loro momento, prendono la giusta dimensione. Quindi vedetela così: o c’è l’illusione, o c’è solo il momento e la capacità di viverlo. Quando si dice che ognuno percorre la sua strada, che ognuno ha la sua strada, è solo un concetto. La strada si forma nel momento in cui incontri pienamente te stesso e le cose. Quella è la strada. La strada è il momento. Oppure vedi l’illusione per quello che è. Non esiste una strada. La strada è il formarsi del momento in modo completo e pieno nel percorso degli uomini. Da questo punto di vista non può esserci una meta perché la strada si forma solo nel momento. Quindi non può esserci una strada come percorso ipotetico, come meta stabilita, come tragitto.
E’ inutile quindi che andiamo in cerca di salvaguardare un nostro percorso interno, una nostra strada interna o che pensiamo che esista una strada piuttosto che un’altra. Questo non esiste. C’è solo la possibilità che si forma quando sei serio di fronte a quello che si presenta. Quella è la strada, non ce n’è un altra. Nel momento in cui non sei serio dove va la strada? Non c’è più. Quindi è vero e non è vero che esiste un percorso. Soprattutto non esiste nulla più campato in aria e legato al tuo mondo che dire “io sono fatto così, è il mio modo di procedere”. Questo non ha nessun senso. C’è solo il momento pieno. Se questo momento pieno si forma e vive con una certa, scusatemi il termine improprio, continuità, allora quello lo vivi come percorso interno.
Ma quel percorso interno ha delle caratteristiche, delle modalità tali che non puoi neanche più aggregarlo alla tua persona. Senti che è qualcosa che si fa al di là del tuo mondo. Quindi realtà è quel momento in cui si vive pienamente quello che sta accadendo. Quel momento è reale, quel momento è un percorso, quel momento è una strada, quel momento è tutto quello che potete definire o che potete dire. Al di là di quello non ha senso niente. Quello è anche meditazione, quello è vivere, quello è pratico, quello è concreto, quello è tutti i nomi che volete dargli. Sono lì dentro, dentro a quel momento. Quindi dimenticatevi qualunque ipotesi di accrescimento, di percorso, Avete dei momenti in cui state bene e dei momenti in cui state male. Questo fa si che in alcuni momenti la vostra storia sia presente, in altri momenti non ci sia niente...
Concretezza, vivere, meditazione, momento, percorso sono un’unica cosa, sono quello e basta, sono la capacità di essere quello che si è e di stare con quello che è. O ci siete o non ci siete. Capite che cosa sto cercando di dirvi? Dimenticate tutte le storie delle strade, strade dirette, strade indirette, strade tibetane, strade indiane, strade italiane. Sfrondate, sfrondate tutto quello che non ha senso portarsi dietro. Sfrondate, pulite, rimanete con l’essenziale. Con questo capite che non può esserci nessuna modalità, né esterna, né interna per affrontare le cose. Non ci può essere, ed è sbagliato dire che si ha un percorso proprio, che ognuno ha i suoi modi. Non può esserci perché ogni momento ha una sua dimensione e un suo vissuto diverso.
Perché il momento sia così com’è devono concorrere infiniti fattori. Quindi come puoi stabilire una modalità? Come puoi determinare una modalità? Come puoi pensare una modalità se ogni momento è vissuto in base ad un agglomerato di fattori totalmente diversi da te? Se c’è un percorso non è su questa terra. Non è qui. Voi dovete abbandonare questa terra per fare quel percorso, il percorso celeste. Ma perché questo si apra e viva in voi dovete abbandonare questa terra o ciò che è terreno. E’ la stessa cosa. E allora c’è un percorso. Ma tutto ciò che ha a che fare con noi deve essere completamente dimenticato. Quindi, finché siete su questa terra, dovete vivere di momento in momento, con la capacità che avete e dimenticatevi di qualsiasi percorso. Quando abbandonate questa terra c’è un percorso ma non lo fate voi e non lo decidete voi.
D.: E te ne rendi conto?
B.: Sì. Lo sai. Lo sai perché ti senti sempre a casa.
D.: Intendi dire finchè siamo legati alle cose terrene o finchè siamo vivi nel corpo?
B.: No. Finchè abbiamo un aggancio qualsiasi con quello che è terreno.
D.: Uno può comunque essere in questa vita e fare il percorso celeste?
B.: Certo. Però non deve rimanere nessun residuo terreno.
D.: Deve vivere tutto ciò che è terreno per lasciarlo? Lasciamo anche tutto il conosciuto? Può essere?
B.: Va bene. Quella è la vera dimensione dell’umano, lo stato naturale.
D.: Faccio fatica a pensare come sia possibile staccare con gli aspetti terreni, continuando comunque a vivere qui, comunque con questo corpo.
B.: Uso quello che ho e se non ho, non mi preoccupo. C’è un rapporto con la cosa ma non c’è dipendenza..
D.: Rispetto al fatto delle illusioni, quando le vedi e non riesci a distaccartene. E’ perché non le vedi a 360°?
B.: Certo.
D.: Ne vedi solo una parte?
B.: E dall’altra parte ci tieni a conservare un aspetto di quelle illusioni. Che è la stessa cosa.
D.: Ma come fai a riuscire a staccarti? Dovresti riuscire a staccarti dai bisogni? La vedo un po’ dura.
B.: Se io chiedessi a tutti, cosa vorreste nella vostra vita, mi rispondereste “Vorrei stare bene”. Non rispondereste così? E come pensate di stare bene, di essere contenti, non facendo un bel niente dalla mattina alla sera? Ditemi questa cosa. Volete stare bene, volete non avere dipendenze, non volete avere bisogni, non volete stare male. Però per questo non siete disposti a far nulla o non vi adoperate in nulla. Questa storia secondo voi ha un senso? Se mi interessa una cosa, stare bene, faccio il possibile per stare bene. Ma non viene fatto, questo possibile. E’ questo che è strano. In tutte le vostre domande è questo che manca. Vi manca il reale interesse perché la cosa finisca, perché la storia che vi condiziona e che non vi fa stare bene, cessi. Non avete dentro questo spirito, per cui le vostre domande sono domande che mancano dell’essenziale, e cioè che siete veramente interessati a non farvi del male.
Teoricamente sì, come teoricamente c’è una strada, come teoricamente c’è la meditazione, come teoricamente c’è un affetto ma, di fatto, non c’è nessun impegno, nessun interesse verso quella cosa. Dovete rompere questa contraddizione. Come puoi andare fuori dai bisogni, dalle dipendenze, dalle illusioni se non gli dedichi il tempo sufficiente, l’interesse, la serietà sufficienti affinché questo accada? Tu non puoi stabilire di dedicarti una mezz’ora, non devi stabilire nulla, devi stare lì con te a imparare quello che ti serve. Non puoi dire “mi dedico una mezz’ora, non mi dedico, non ho voglia” e dopo però vuoi stare bene. Siete infelici, avete problemi? Vuol dire che non vi siete dedicati allo stare bene. Non è colpa di qualcuno, levatevelo dalla testa. Non vi siete dedicate sufficientemente per stare bene. E’ lì che va rotto lo schema. Dite quello che volete ma per questo bisogna dedicarsi.
D.: Non so. Sono un po’ sfiduciata, questa sera. Perché non è solo il fatto di dedicare tempo alla meditazione, è anche il fatto di stare sempre attenti a tutto, all’umore, ai fatti…
B.: E allora, è inutile che speri o che cerchi di stare bene. E’ impossibile.
D.: Ultimamente a me pare anche di impegnarmi e ho capito che puoi anche dirmi che lo faccio da un mese, due mesi e ho cent’anni di arretrati.
B.: Guarda che questo non è importante. Quello che conta è quanto vi interessa stare bene o non stare più male. Senza, però, ripeto, avere la via di fuga di dare la responsabilità agli altri perché non è così. “Se non ci fosse lui starei bene”, “Se lui o lei non avessero fatto questo adesso starei meglio”. Via tutti i “se” e tutti i “ma”, stare bene indipendentemente da quello che si presenta, da quello che si forma, da quello che fanno gli altri, questo è il punto. Esiste uno star bene che non dipende da nessuno ed è l’unico stare bene che valga. Se non ti ci dedichi non è possibile. Stante il nostro modo di operare non esiste la possibilità di vivere bene. E questo per fortuna è stato un “click” che la vita ha messo: non puoi stare bene se non stai con te stesso in modo sano. Lo ha messo là e vale per tutti. Non c’è lotta di classe, non ci sono padroni, non ci sono operai. Questo vale per tutti, ricchi, intelligenti, poveretti. Nessuno può ignorare questo ambito.